RAVI SHANKAR: IL MAESTRO INDIANO DEL SITAR

Sitar

In breve

A Ravi Shankar si deve il merito di aver fatto conoscere la musica indiana del sitar fuori dai confini nazionali, grazie anche all’influenza della cultura occidentale e all’amicizia con artisti del calibro di George Harrison. 

Esperienza suggerita: approfondisci la conoscenza della musica indiana sulle note di Ravi Shankar

Tempo di lettura: 3 minuti.

Non si può pensare all’India senza immaginare il suono del sitar fare da colonna sonora alle nostre emozioni.

Uno strumento a corde che pare provenire dall’antica Persia – dove veniva chiamato “seh-tar“, tre corde – diventato poi parte della tradizione musicale indiana.

Tra i musicisti più abili nel suonare il liuto indiano, Ravi Shankar occupa sicuramente un posto speciale.

Un artista a cui si deve il merito di aver esportato in Occidente la musica indiana, rendendola parte di un linguaggio globale.

Breve biografia del portavoce del sitar nel mondo

La storia del maestro del sitar è relativamente recente.

Nato nel 1920 a Benares (l’attuale Varanasi), il piccolo Ravi Shankar appartiene alla classe sacerdotale dei Brahmani, la più benestante nel sistema indiano delle caste.

L’avvicinamento all’arte avviene già in età infantile, quando – a soli dieci anni – si trasferisce a Parigi insieme al fratello maggiore, membro di una compagnia di danza hindu.

Il contatto con il mondo occidentale è significativo: la vita a Parigi e i numerosi viaggi mettono in contatto il giovane Ravi Shankar con una cultura lontana dalla sua originaria.

Una cultura affascinante, da cui si sente attratto.

Ma il legame con la sua terra natale rimane indissolubile e, così, decide di voler approfondire lo studio dello strumento più tipico dell’India settentrionale: il sitar.

Compositore di musica per i balletti, direttore di una radio locale, scrittore di melodie per i film.

Da allora la sua carriera diventa inarrestabile prima in India e presto anche all’estero, diventando ambasciatore della musica indiana nel mondo.

Tra sonorità indiane e musica occidentale

La svolta avviene negli anni Sessanta, quando si assiste ai movimenti giovanili di contestazione, di cui Ravi Shankar si fa portavoce.

L’artista indiano incarna perfettamente lo spirito di quel tempo: alla stregua di un “santone”, rappresenta il candidato perfetto del movimento hippy.

E così viene invitato prima al Festival di Monterey, in California, e nel 1969Woodstock, dove si esibisce con artisti del calibro di Jimi Hendrix.

Ma è l’amicizia con George Harrison dei Beatles – a cui insegna a suonare il sitar – il simbolo dell’influenza del musicista indiano sulla musica occidentale: una commistione di culture in grado di creare composizioni magiche, come la canzone “Norwegian Wood“.

Insieme organizzano anche il concerto per il Bangladesh, colpito dai violenti scontri tra indiani e musulmani pachistani. All’evento, svoltosi al Madison Square Garden, partecipano musicisti come Bob Dylan ed Eric Clapton.

Una carriera luminosa durata fino alla scomparsa del maestro nel 2012 e, oggi, portata avanti dalla figlia Anoushka Shankar.

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