In breve
Il popolo degli Asmat – abitanti della zona sud-occidentale della Nuova Guinea – esercita un fascino particolare dovuto ai suoi antichi riti e alle sue tradizioni che, ancora oggi, vengono mantenuti.
Esperienza suggerita: scopri i riti, la vita e l’arte delle popolazioni Asmat visitando la mostra “Eravamo cacciatori di teste” al MUDEC. [L’articolo contiene un’esperienza “a tempo”]
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Se dico Asmat, questa parola risulterà sconosciuta ai più. Mi riferisco agli abitanti della zona sud-occidentale della Nuova Guinea, politicamente appartenente all’Indonesia, ma culturalmente legata al mondo oceanico.
Poiché i primi incontri con gli occidentali sono avvenuti solamente a metà del secolo scorso, il popolo degli Asmat conserva tutt’ora la propria antica cultura, nonostante abbia saputo anche rinnovarsi e affrontare le sfide della modernità grazie all’aiuto di gruppi missionari e, nel 1968, al FUNDWI (Fund of the United Nations for the Develoment of West Irian) destinato – tra tutto – a tutelare la tribù.
Una volta che si conoscono la sua storia, i suoi riti e le sue tradizioni è impossibile non restarne affascinanti.
Gli Asmat rappresentano un mondo primitivo e incontaminato, ben lontano da quello a cui siamo abituati.
Il popolo degli Asmat
Gli Asmat vivono nella Nuova Guinea , la seconda isola al mondo per estensione situata a nord dell’Australia.
Il loro nome significa “popolo della terra“, per sottolineare la distinzione dagli spiriti e dalle anime dei morti. Un’altra interpretazione è “gente dell’albero“, in relazione al mito sulle origini di questa popolazione.
La leggenda narra che i primi esseri umani nacquero dal legno intagliato dal primo abitante della Terra – Fumeripitsj – che, sentendosi solo, decise di creare con il legno figure umane. Non contento della loro staticità, scavò e intagliò il tronco di un albero e coprì la parte superiore con pelle di lucertola, creando un tamburo che iniziò a suonare. La musica diede vita agli uomini e, per questo motivo, nella cultura Asmat è comune l’identificazione uomo-albero.
Nonostante si pensi che i tropici siano un luogo ricco di sole e di luce, questo non vale per i territori in cui vivono gli Asmat.
Essi si muovono in un ambiente ostile e impenetrabile, costituito da pianure alluvionali, foreste pluviali e terreni fangosi e inospitali, perennemente inondati dalle maree e dalle forti piogge equatoriali.
Non essendoci strade, l’unico modo per muoversi è sulle piroghe pagaiando nell’intricata rete dei corsi d’acqua infestati da coccodrilli.
Gli Asmat sono perciò da sempre cacciatori e raccoglitori seminomadi che si spostano a piedi o su imbarcazioni in cerca di cibo. Vivono di caccia e di pesca e coltivano la palma di sago da cui ottengono una fecola che rappresenta il loro alimento base insieme al pesce.
Il sago è la fonte sacra della vita, la madre che genera i figli.

Visione del Cosmo e conseguenze sulla quotidianità
Secondo gli Asmat uomini, animali e piante hanno un’anima e tutto è intriso di spiritualità.
Alla base della loro visione dell’universo vi è il concetto di separazione tra visibili – i vivi – e invisibili – i morti – che però sono sempre presenti. È fondamentale mantenere l’armonia e l’equilibrio tra questi due mondi per garantire il benessere della popolazione.
Ogni manifestazione della vita quotidiana esprime quindi questo aspetto.
Per gli Asmat la scultura ha una rilevanza particolare, poiché rappresenta il mezzo attraverso cui gli antenati entrano in contatto con i vivi e tornano alla luce sotto forma di figure intagliate. Le sculture hanno perciò un significato sacro e sono l’incarnazione degli spiriti ancestrali che controllano l’universo.
Le opere più stupefacenti sono i Bisj, pali di legno alti anche otto metri per commemorare i personaggi più importanti e mantenerne vivo il ricordo, assistendo il passaggio delle loro anime al mondo degli antenati.

Gli spiriti degli antenati vengono placati per mezzo di celebrazioni e, un tempo, con la caccia alle teste e il cannibalismo rituale che trovano significato all’interno del sistema di credenze degli Asmat.
La caccia alle teste era considerato un atto indispensabile in quanto assicurava la continuità e il benessere del gruppo ed era legato ai riti di iniziazione e passaggio alla vita adulta dei giovani maschi. Lo scopo non era la vendetta, ma piuttosto la ricerca di equilibrio: gli spiriti dei guerrieri morti in uno scontro si pensava non avessero accesso al mondo delle anime finché non venisse ucciso un egual numero di persone tra i nemici che avevano causato il disquilibrio.
La pratica del cannibalismo, invece, veniva eseguita perché si pensava che mangiare carne umana trasmettesse la forza vitale della vittima. Inoltre i cannibali guadagnavano prestigio e autorità.
La storia del popolo Asmat è ricca di mistero e di antiche tradizioni, alcune tramandate ancora oggi.
Se anche tu sei rimasto affascinato da questa popolazione, puoi impararne di più visitando fino all’8 luglio la mostra al MUDEC di Milano “ERAVAMO CACCIATORI DI TESTE“.