IL FILM “L’INSULTO” E LE FERITE APERTE DEL LIBANO

L'insulto

In breve

Il film “L’Insulto” rappresenta una finestra sulla società contemporanea libanese che – dopo anni di guerra civile – si trova a dover affrontare le tensioni del passato, in seguito a un episodio banale. 

Esperienza suggerita: conosci alcuni aspetti della storia e della società libanese guardando il film L’INSULTO.

Tempo di lettura: 3 minuti.

Acclamato al Festival di Venezia, candidato al premio Oscar come miglior film straniero, Coppa Volpi a uno dei protagonisti.

Il film L’Insulto mette in scena le tensioni della società contemporanea libanese.

Scelta che è costata al regista Ziad Doueiri l’arresto da parte delle autorità libanesi con l’accusa di “collaborazionismo con il nemico israeliano“.

Una trama tutt’altro che scontata, che racconta una realtà attuale molto spesso ignorata.

Un pretesto riaccende la miccia

La Beirut di oggi si sta rialzando a fatica dalle conseguenze della guerra civile, militarmente conclusa da quasi trent’anni, ma le cui ferite sono ancora aperte, mai cicatrizzate.

Gli animi della popolazione brillano di speranza, nonostante siano ancora fragili.

Anche se la guerra appartiene al passato, quindici anni (1975-90) di scontri non si dimenticano facilmente.

Anni che hanno visto opporsi da un lato la componente cristiana del Libano – minacciata dall’arrivo dei rifugiati palestinesi – dall’altra i profughi musulmani, sottorappresentati dalle istituzioni.

Alle due fazioni appartengono i protagonisti del film “L’insulto”: Tony, un meccanico cristiano maronita, e Yasser, capo cantiere palestinese trapiantato in Libano.

Basta poco per riaccendere i contrasti: un incidente banale, un insulto pronunciato in un momento di rabbia innescano lo scontro, proposto dal regista in un crescendo di tensione.

Una faccenda che dovrebbe risolversi nell’ambito privato – tra due persone adulte – diventa invece un episodio di risonanza nazionale, che vede di nuovo il Paese spaccato in due.

Ecco allora come una diatriba individuale rappresenti il pretesto per fare i conti con la storia, per riportare alla luce una tragedia collettiva mai del tutto superata.

E le contrapposizioni non riguardano solo i protagonisti, ma anche chi li difende: due avvocati – padre e figlia – che si schierano dalla parte opposta, in un conflitto generazionale tra chi spera di andare avanti e chi – invece – è ancorato al passato.

Una doppia tragedia

Il dramma messo in scena ne “L’Insulto” – oltre a riflettere la tragedia di un intero Paese – è un viaggio nella sfera più intima di due uomini così diversi, ma così simili.

Quello che il film dimostra è che, in certe situazioni, non esiste il torto o la ragione e, anzi, valgono le posizioni di entrambi.

Il profugo palestinese vive il disagio di essere costretto ad abitare lontano dalla propria terra, dove non è ben voluto; il libanese – con l’arrivo dei rifugiati – ha visto trasformarsi la realtà a cui era abituato, non senza difficoltà e in condizioni di vita precarie.

Quello che accomuna i personaggi è il sentimento di insofferenza reciproca verso chi si considera “nemico”.

Ma quello che sembra affermare il regista è “chi può dire che un problema abbia più valore di un altro?”, “quale punto di vista è da considerare più importante?”.

La risposta è che tutto dipende dalla prospettiva con cui si guarda la realtà.

Un tema attuale non solo per la società libanese, ma per ogni Paese che si trova ad affrontare il confronto tra culture.

E se esiste una morale nel film questa è proprio che, coltivando l’odio, si rischia di mettere a repentaglio la propria vita privata, dal lavoro agli affetti.

Mi chiedo, se nel nostro Paese, si possa arrivare a risolvere uno scontro e riuscire a considerare le scuse non una forma di debolezza, ma di civiltà“. Questo sembra essere il fulcro del racconto.

E quando si giunge alla resa dei conti, ci si accorge che l’unica soluzione è la ricerca di un equilibrio tra le parti, ricordandosi che – in realtà – si è più simili di quanto si pensi.

Sentirsi diversi, per poi scoprisi emotivamente così uguali.

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